Sei anni fa nasceva “Lo Snodo”, non semplicemente un luogo fisico, ma una realtà capace di generare relazioni, visioni condivise e partecipazione. Un punto di incontro tra generazioni, esperienze e linguaggi, che ha preso forma nella stazione di Erba, trasformandola da semplice luogo di passaggio a vera casa comune.

Oggi “Lo Snodo” è un’associazione giovanile strutturata, riconosciuta nel territorio, capace di dialogare con le istituzioni e con la comunità locale. Ma tutto è partito da un’intuizione: i giovani vanno coinvolti non solo come destinatari, ma come protagonisti delle politiche che li riguardano.

Il sostegno iniziale è arrivato da Fondazione Cariplo, nell’ambito del programma volto a contrastare l’esclusione sociale dei giovani. Come ha ricordato Monica Testori, “”Lo Snodo” non è solo un progetto finanziato, è un’alleanza: mettiamo al centro la persona e usiamo la cultura come leva di cittadinanza”.

Un ruolo chiave lo ha avuto anche la BCC Brianza e Laghi, tra i primi sostenitori del progetto YoutLab, da cui tutto è partito. Il presidente Giovanni Pontiggia ha sottolineato come, fin dall’inizio, si sia scelto di costruire una rete che andasse oltre i confini comunali, coinvolgendo enti, associazioni e cittadini di tutto il territorio. “I risultati arrivano se si fa rete. Da soli si va veloci, insieme si va lontano”.

Accanto alle istituzioni, le scuole hanno avuto un ruolo fondamentale. Come ha raccontato la dirigente del liceo Carlo Porta, la collaborazione con “Lo Snodo” ha permesso agli studenti di aprirsi al territorio, partecipare a progetti di cittadinanza attiva e crescere come futuri cittadini.

Anche il mondo del volontariato ha trovato nello Snodo un interlocutore credibile e innovativo. Martino Villani, direttore del CSV di Como, ha ricordato come “oggi spesso si dice che i giovani non fanno volontariato. Non è vero. Lo fanno, lo fanno tanto, solo che si muovono in modi nuovi, con tempi e strumenti diversi. “Lo Snodo” ha avuto il coraggio di strutturarsi, di assumersi responsabilità e diventare un punto di riferimento”.

Lo spazio della stazione è diventato casa anche per realtà come la comunità alloggio “Casa di Dario”, che ha trovato nello Snodo un luogo dove sperimentare percorsi di autonomia per giovani con disabilità. Alessandra Ricciotto ha raccontato con emozione come quel luogo, giorno dopo giorno, si sia trasformato in uno spazio sicuro, familiare, capace di accogliere e valorizzare ogni persona.

Molti sono stati gli ostacoli lungo il cammino: dalla pandemia, arrivata appena sei mesi dopo la nascita dell’associazione, alla temporanea perdita della sede, fino alle difficoltà più recenti legate all’incertezza sulla permanenza negli spazi. Ma come ha ricordato il presidente Simone Pelucchi, “non ci siamo mai sentiti soli. Ogni volta che ci siamo trovati in difficoltà, qualcuno ci ha sostenuto. È questo che ci ha permesso di andare avanti”.

Un momento simbolico è stata la raccolta firme “Mettiamoci la firma”, lanciata quando si è temuto di perdere la sede. Una risposta corale che ha dimostrato quanto “Lo Snodo” sia sentito e riconosciuto dal territorio.

A chiusura della serata di festa, le parole di Federica Trombetta, una degli “ambasciatori” dell’associazione, hanno toccato il cuore: “Se le formiche si mettono insieme, possono spostare un elefante. Ecco, in questi mesi abbiamo visto accadere proprio questo”.

Dopo sei anni di attività, “Lo Snodo” è ormai una realtà adulta. Non solo perché lo dice lo statuto, ma perché ha assunto un ruolo pubblico, ha costruito reti, ha dato voce ai giovani e spazio alle fragilità. Ha dimostrato che insieme si può generare cambiamento, bellezza, cura.

E come spesso si è detto durante la serata, questo è solo l’inizio.

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