Le inchieste giudiziarie di Bari e di Torino rischiano di infliggere un duro colpo al Partito Democratico già alle prese con una crisi che parte da lontano.

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In verità, risulta paradossale che, in un momento storico caratterizzato da disuguaglianze e ingiustizie sociali di immani proporzioni, la sinistra non sia in grado di interpretare il profondo disagio che attraversa la società italiana che assiste impotente al progressivo smantellamento dello stato sociale.

Il dissesto del servizio sanitario rappresenta lo spaccato di questa lenta, silenziosa destrutturazione dell’apparato pubblico che finirà per gravare sulla parte più povera e indifesa del paese.

Il crescente astensionismo che si registra in ogni appuntamento elettorale dimostra la sfiducia del cittadino nei confronti di una intera classe politica che si differenzia da quella della prima Repubblica per una caratteristica che possiamo riassumere in una battuta: mentre in passato i politici facevano affari, oggi gli affaristi fanno politica.

Le inchieste giudiziarie sopracitate e il drastico ridimensionamento del Welfare restituiscono l’immagine di una sinistra che ha completamente smarrito le proprie ragioni identitarie in nome di una asserita “cultura di governo” spesso celebrata come il segno di una metamorfosi, in ritardo con la Storia, di cui l’intera società italiana avrebbe beneficiato.

Una sinistra finalmente matura, si diceva, avrebbe consentito al paese quel cambio di passo che le “forze conservatrici” avevano storicamente osteggiato vanificando sul nascere qualunque ipotesi di modernizzazione.

Questa è stata l’esegesi della storia patria degli ultimi decenni a cui l’elettorato di sinistra ha generosamente creduto avallando qualunque tipo di svolta, partendo dalla Bolognina, passando da Matteo Renzi, Nicola Zingaretti ed Enrico Letta per poi giungere fino all’ultima, anodina, impalpabile segreteria di Elly Schlein, “triste, solitaria y final” (come il titolo di un celebre libro di Osvaldo Soriano).

L’obiettiva necessità di assicurare al sistema politico italiano una forza progressista, riformista e saldamente europeista, ha condotto gradualmente il Partito democratico a smarrire le proprie ragioni costitutive, la propria grammatica politica e, perfino, il proprio linguaggio.

Se vogliamo dirla tutta, la crisi del Pd è cominciata con gli assordanti silenzi che hanno accompagnato le politiche di austerità di un’Europa davanti alla quale la sinistra europea si è sempre prosternata a capo chino senza mai battere ciglio.

Davanti al progressivo impoverimento dei ceti medi e alla crescente precarizzazione del lavoro, il Pd ha via via assunto le sembianze di un partito sempre più vicino all’establishment e sempre più lontano dalle aree del disagio sociale.

L’emergenza salariale, la mancata difesa delle pensioni, il declino del sistema scolastico e la svalutazione del titolo di studio rappresentano gli esempi più macroscopici di un “tradimento” a cui l’elettorato di sinistra ha risposto disertando le urne.

Questo è il perimetro in cui occorre collocare storicamente l’irresistibile ascesa di Matteo Renzi alla guida di un partito che cercava, in modo spasmodico, una definitiva legittimazione nei santuari del potere, che ambiva ad essere ricevuto a corte smanioso di dimostrare di aver dismesso per sempre la mutria antica del rancore.

Il percorso che, oggi, attende la Schlein risulta accidentato e gravido di incognite non solo per le resistenze interne di un apparato composto da carrieristi e da mediocri ciambellani, ma anche per la necessità di interloquire con i 5 Stelle, alleato inaffidabile e riottoso che suole immaginarsi Angelo Vendicatore e unico depositario della pubblica moralità.

Per recuperare i consensi perduti, il Pd ha l’obbligo di capire e far capire che essere riformisti non significa abdicare ai propri valori, che il pragmatismo non si identifica con l’eclettismo, che la duttilità dell’azione politica non può portare a disperdere i propri riferimenti culturali.

Torna imperioso il monito di Victor Hugo: “Come gli alberi cambiano le foglie e conservano le radici, così cambiate le vostre idee ma conservate i vostri principi”.

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