Estratto dal numero di febbraio 2008 de “Il Dieci”

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…Il ricordo è lontano, ma vivo nella memoria. Nella cucina di mio suocero davanti all’immancabile bicchiere di barbera un gruppetto di anziani partigiani deve decidere la partecipazione all’imminente Assemblea nazionale dell’Anpi e al corteo che la chiuderà a Bologna.

Da Erba partiranno due macchine. Io prestante trentacinquenne dubito che tutti potranno partecipare: troppa tosse, troppe magagne, troppi dolori reumatici… Alla vigilia, la chiamata, temuta ma prevista: “Ci devi accompagnare tu”. Di sabato pomeriggio sull’autosole battuta dalla pioggia i miei tre vecchietti (si sono ridotti in tre) ciarlano dei tempi passati, soprattutto della loro Resistenza. Alcune mi sembrano sbruffonate come quelle dei cacciatori, altre sono testimonianze vere su fatti vissuti da loro, su fatti riguardano amici: “Ul Carletu ciclista, che fìdìch, cun tùtt chi bagaj, al se mai tiràa indrèe (parlano di Carlo Frigerio nel frattempo diventato commerciante di macchine)”.

Gli arzilli partigiani che sto portando a Bologna sono: Domenico Locatelli (Gianfrìnn) di Caslino d’Erba, Mario Galbiati (Garbòeui) di Merone, Carlo Cantoni (il Gogna) di Erba.

Giancarlo Puecher

Di Galbiati e Locatelli scrisse Enrico Rivolta su “Vento del Nord”: Locatelli, panettiere, aveva una nidiata di figli e ha messo a repentaglio la sua vita decine di volte per accompagnare gente verso la Svizzera.

Cantoni era di Milano. L’8 settembre lo colse in Albania. Evitò i rastrellamenti saltando dalla treno in corsa, attraversò a piedi tutta la Jugoslavia fino a Padova dove c’erano i suoceri. Ritornato a Milano dalla moglie e dalla figlioletta che lo non aveva mai visto, aderì alle formazioni partigiane. Arrestato dalle SS tradotto a San Vittore venne liberato da un bombardamento. “Ricorderò sempre quei giorni, ci dice la figlia Chiara, con papà in carcere scattò il “soccorso rosso” decine di persone a casa nostra a portarci cibo, notizie, qualche soldo..”

Il Sindaco di Lambrugo Giuseppe Costanzo, Veronica Airoldi Sindaco di Erba alla commemorazione di Giancarlo Puecher. A destra si vede il Gonfalone di cui si parla nell’articolo

Sarà il caso di ritornare a scrivere di questa gente che in tempi terribili fece il suo dovere.

La sera nel piccolo albergo alle porte di Bologna i bicchieri di rosso non si contano e si cantano le loro canzoni: “Fischia il vento, Bella ciao” e altre che non ricordo. A me viene in mente la bella canzone di Giorgio Sthreler “Ma mi”: s’erum in quater cul Padula, ul Rudulf e ‘l Gaìna e po’ mi, quater amìis, quater malnàtt, vegnu su insema, compagn di ràtt..”.

Il mattino i miei “trìi malnàtt”, risentono dei troppi bicchieri e tocca a me l’onore di sfilare col Gonfalone del Battaglione Puecher. Il nostro Giancarlo Puecher, la nostra Medaglia d’Oro.

Vecchi partigiani a un raduno; da sinistra ‘el Vilèta”, ‘el Ciclista, Carlo Frigerio, e Carlo Cantoni

 

Arrigo Boldrini, il Comandante Bulow, Segretario dell’Anpi saluta i Gonfaloni. Quando vede quello erbese del Battaglione Puecher mi ferma: “E tu che ci fai qui? Sei troppo giovane per aver fatto la Resistenza.”

Indico i miei tre vecchietti piuttosto malfermi sulle gambe e Boldrini, medaglia d’oro al valor militare conferitagli dal comandante dell’VIII Armata britannica Richard McCreery, mi porta in prima fila, tra i Gonfaloni di Bologna, di Milano, di Ravenna dicendo “il posto del gonfalone di Puecher la prima medaglia d’oro della Resistenza è qui, in prima fila”.

Non dimenticherò mai quel giorno: il cielo livido sopra di noi, la sfilata tra due ali di folla, lo sbocco in Piazza Grande. Il ritorno fu triste e travagliato; la pioggia aveva ripreso fortissima e alla nostra “potente Renault 8” si ruppero i tergicristalli.

Si, bisognerà ritornare a scrivere di queste cose.

Nella foto d’apertura: sfilata di partigiani a Erba, apre il corteo sulla moto Mario Bosisio che per anni gestirà l’unica scuola guida della città.

 

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