Per me il Festival quest’anno è già finito.
Non faccio lo snob. Anzi. Me lo sono gustato (fino a una certa), ho cercato di capire come sta evolvendo la musica, che cosa ascolteranno i miei figli nei prossimi mesi. Io no, io la musica ormai ‘mi capita’, ma non è più una priorità, non sono più un consumatore, ma resto un attento ascoltatore. Devo dire che mi è piaciuto poco, ma quasi sempre è così, troppe canzoni nuove, poca attenzione ai testi, molta ai lustrini, ai vestiti, alle luci…. ci si accorgerà come al solito fra qualche mese cosa funzionava e cosa no.
Però, a parte la voglia di vedere l’eleganzissima Drusilla Foer, musicalmente diciamo che, per me, è finito con Coraline dei Maneskin. L’esibizione del gruppo, che vincendo l’anno scorso il Festival ha, di seguito, inanellato una serie imbarazzante (per tutti gli atri artisti italiani) di record di vendite, presenze, concerti e fama mondiale, è stato un unico momento che ha fatto perdonare e sopportare tutto il resto, ma proprio tutto. (L’esibizione potete vederla QUI sul sito Raiplay.it)
Presenza scenica, affiatamento, canzone, commozione… una performance che mi ha fatto tornare in mente, come al solito, il dottor Enzo Jannacci, che in un’intervista dichiarava: “Se quello che abbiamo fatto noi in questo disco l’avessero fatto i Duran Duran avrebbero gridato al miracolo”. I Maneskin sono un miracolo italiano. Coraline è una splendida canzone sull’anoressia, con la poesia a tratti di De Andrè e la disperazione di un certo Vasco. E’ La canzone di Marinella del 2022 (anche se la storia è diversa, lo so, saputelli!). Sia chiaro, non capisco nulla di musica, ma di parole sì. Mi sono commosso, come Damiano, che evidentemente ha alcune delle parole della canzone cucite dentro.
Il Festival in sè ora, come gara, mi appassiona quanto i mondiali di scacchi in tv.
Io sono a posto così. Caffè e conto, grazie.
(Luca Nava)