La vittoria di Donald Trump rappresenta l’ennesima riprova della grave crisi in cui versa la democrazia liberale.
Qualche anno fa, in una celebre intervista al Financial Times, Vladimir Putin ebbe a dichiarare che “l’idea liberale è diventata obsoleta perché non affronta adeguatamente il problema delle migrazioni e il fallimento del multiculturalismo”.
Per molti anni la cultura occidentale si è baloccata nell’illusione che democrazia e capitalismo fossero inscindibili.
Il sistema capitalistico, di contro, ha più volte dimostrato nella storia quella peculiare duttilità che gli ha consentito di convivere tranquillamente con le autocrazie. Basterebbe questo per prendere atto del fallimento di tutte quelle tesi secondo cui l’espansione dei mercati avrebbe favorito il trionfo planetario della democrazia e la “fine della storia” (celebre e infausta profezia di Fukuyama).
La realtà ci racconta, infatti, che il mercato globale ha determinato l’esplosione di una serie infinita di disuguaglianze sociali da cui sono germogliate tutte quelle forme di populismo, di destra e di sinistra, di cui il nazionalismo rappresenta una delle molteplici varianti (in questo senso, populismo non è “naturaliter” sinonimo di nazionalismo).
Con l’avvento della globalizzazione, accompagnata dall’assenza di qualunque ipotesi di “governance”, il capitalismo non appare più in grado di distribuire la ricchezza da esso prodotta che tende a concentrarsi nelle mani di una oligarchia globale che usa la politica per confezionarsi una sapiente legislazione a tutela dei propri interessi.
I fatti dimostrano, in modo chiaro ed incontrovertibile, che questa oligarchia, oltre ad essere sprezzante delle regole, vanta la straordinaria capacità di strumentalizzare le inquietudini dei popoli fomentandole con grande sagacia.
Il cittadino é sfiduciato da una democrazia parlamentare incapace di garantire la giusta “sicurezza”
I continui ”tagli” allo stato sociale (sanità, istruzione, pensioni, ordine pubblico) sono finalizzati non solo a far pagare meno tasse ai ricchi ma servono, altresì, ad alimentare le ansie del cittadino sfiduciato da una democrazia parlamentare incapace di garantire la giusta “sicurezza”, individuale e sociale.
Destabilizzare per stabilizzare: questo è il vero obiettivo non dichiarato di questa oligarchia cinica e spietata che supplisce ai limiti della democrazia regalando il sogno di uno Sato forte e severo nonché di una ricchezza alla portata di tutti e facile da raggiungere, talmente facile da coprire di disprezzo chiunque resti al palo.
In verità, siamo davanti ad una immane mistificazione ideologica, un vero capolavoro manipolatorio in grado di produrre il consenso degli stessi cittadini colpiti dalle politiche di governi che, sotto mentite spoglie, sono diretta espressione di quella che Fabio Armao ha definito “oikocrazia”, cioè quel sistema di potere che gravita attorno a consorterie, camarille e clan che vanno a comporre quel misero 1 per cento di popolazione mondiale che possiede il 45 per cento della ricchezza del pianeta.
La domanda, in sé brutale e banale insieme, se negli Usa comanderà Donald Trump o Elon Musk, ci porta a chiedere quale sia il grado di subalternità della politica all’economia che rappresenta la conseguenza più nefasta della globalizzazione la quale, depotenziando la sovranità degli Stati, ha consentito agli “spiriti animali” del capitalismo di muoversi selvaggiamente all’interno di una economia globale priva di controlli. Oggi, pertanto, risultano chiare le ragioni che hanno determinato il ritorno dei nazionalismi e dei localismi, così come risultano chiare le ragioni per cui perfino i “latinos” hanno votato per Trump: loro, figli di immigrati, schierati beffardamente contro l’immigrazione.
Ci troviamo, pertanto, davanti ad uno scenario totalmente capovolto che ha rovesciato il tradizionale spirito delle democrazie.
Infatti, mentre i sistemi democratici coltivano un modello sociale fondato sulla cooperazione, sulla solidarietà e sulla ricerca di un benessere diffuso, le attuali “oikocrazie” coltivano un modello, perfettamente antitetico, fondato sulla competizione, sull’individualismo e sulla spasmodica ricerca di una straripante ricchezza privata, sfrenata e ostentata come incontestabile prova di superiorità.
Piaccia o no, questo è il mondo in cui ci troviamo da qualche decennio, un mondo magmatico, confuso e contraddittorio di cui l’Occidente, malgrado i numerosi segnali, non ha saputo decifrare per tempo le tragiche traiettorie