Riceviamo e pubblichiamo
Il 2 maggio i grandi potranno togliere la mascherina, i piccoli no: il sorriso dei bambini viene visto come una grave minaccia anche in condizioni statiche e di distanziamento.
Non basta la notevole riduzione della letalità della malattia, non bastano i 12 mesi in cui non si sono mai verificate crisi di occupazione dei reparti ospedalieri, non bastano gli studi (numerosi) che dimostrano una scarsa infettività della popolazione under 16 (ottimamente divulgati e raccolti dalla prof.ssa Sara Gandini in un recente seminario), non basta il fatto che solo in Italia si insiste con queste misure simboliche, mentre in tutti gli stati Europei queste assurdità sono state abbandonate da mesi, non basta che il TAR sia ancora in attesa della documentazione con cui il Governo dovrebbe giustificare l’imposizione della mascherina in classe, non basta l’evidenza del danno psicologico e sociale causato dalla soppressione dell’espressività.
La mascherina in classe si porta: sempre e comunque, come una uniforme, come un simbolo.
Imporla fino a giugno, significa porre le condizioni culturali per partire, a settembre, ancora con la mascherina: questo è l’obiettivo del Ministro. Il recente Decreto-legge di fine Emergenza (in attesa di ricorsi al TAR, ma è dura trovare chi li sostiene: i bambini, sorridenti o no, non producono fatturato e non votano) ci inchioda, non ci sono cavilli da impugnare. I sindacati della scuola esasperano il problema sicurezza oltre ogni ragionevolezza: il loro calcolo politico non considera i danni che i bambini subiscono a causa di questo ingiustificato clima di tragedia ed emergenza, che, oggi, non sussistono.
Non siamo tuttavia rassegnati: resta un argomento importante, anzi il più importante: la coscienza della responsabilità individuale contro la banalità del male e della indifferenza.
Basterebbe che genitori, insegnanti e dirigenti capissero che spetta a loro permettere ai bambini di sorridere, almeno nell’ultimo mese di scuola, dopo due anni di appiattimento espressivo e distanza sociale.
Per questo il bambino, nel manifesto, punta il dito. Non possiamo chiedere ai bambini di entrare in classe senza mascherina: non è compito loro la disobbedienza civile e non vogliamo esortarli a violare la legge. Possiamo tuttavia diffondere questo manifesto e chiedere a ognuno di assumersi la responsabilità, sociale e Comitato Liberi di sorridere
educativa, delle proprie scelte. Vorremmo che questo messaggio arrivasse nelle scuole, nei diari, sui vetri delle automobili, distribuendolo, pubblicandolo nelle bacheche dei politici, dei dirigenti scolastici e degli amministratori locali, inserendolo nei commenti dei post sui social media. Il 2 maggio non chiediamo ai bambini di violare la legge, ma ai grandi di essere più grandi e più nobili della legge.
Comitato Liberi di Sorridere
Comitato Liberi di Sorridere
Il comitato Liberi di Sorridere, costituito a Erba nel settembre 2021, riunisce genitori, insegnanti, famiglie e amministratori che vogliono osservare l’evolversi della vicenda Coronavirus 2019 e in generale il rapporto tra la società dei grandi e il mondovisto dal punto di vista e nell’interesse dei bambini e dei ragazzi, in particolare nell’ambiente scolastico. Il comitato si è sviluppato inizialmente intorno alle scuole elementari e medie (Scuola Primaria e Secondaria) e degli asili (Scuola dell’Infanzia) di Erba, Albavilla, Alserio, Orsenigo, Pontelambro, Como, Lecco, Asso, Canzo, Valbrona, in Brianza e nell’area di Varese, ma, pur conservando una dimensione locale e promuovendo iniziative locali, è aperto a tutti.
Facciamo nostre, estendendole a tuttigli aspetti della vita, le parole di Thomas Jefferson: “Possiamo considerare ogni generazione come una nazione distinta, che ha il diritto, con deliberazione della maggioranza, di vincolare sé stessa ma sicuramente non le generazioni successive, non più di quanto possa vincolare i cittadini di un altro Paese”.
Grazie!
Solo una segnalazione: nel paragrafo finale manca per errore un passaggio (poca cosa, ma cosi non è leggibile):
“Per questo il bambino, nel manifesto, punta il dito. Non possiamo chiedere ai bambini di entrare in classe
senza mascherina: non è compito loro la disobbedienza civile e non vogliamo esortarli a violare la legge.
Possiamo tuttavia diffondere questo manifesto e chiedere a ognuno di assumersi la responsabilità, sociale e
educativa, delle proprie scelte. Vorremmo che questo messaggio arrivasse nelle scuole, nei diari, sui vetri
delle automobili, distribuendolo, pubblicandolo nelle bacheche dei politici, dei dirigenti scolastici e degli
amministratori locali, inserendolo nei commenti dei post sui social media. Il 2 maggio non chiediamo ai
bambini di violare la legge, ma ai grandi di essere più grandi e più nobili della legge.”