La scomparsa di Silvio Berlusconi imporrà presto al dibattito pubblico una serie di interrogativi che vertono sul futuro di Forza Italia e sulle evoluzione della destra italiana che, secondo la stampa straniera, senza il Cavaliere rischia una torsione antieuropeista che potrebbe mettere a repentaglio la tenuta dell’architettura europea.

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Partiamo da un dato: risuta innegabile che una larga parte dell’opinione pubblica tenda a identificare la destra europea con il sovranismo il quale viene ritenuto un’entità sovrapponibile al populismo, al nazionalismo e, finanche, al neo-fascismo.

Questa visione, semplicistica e fuorviante, postula l’esistenza di un blocco conservatore compatto e monolitico di cui, di contro, non vi è alcuna traccia nella realtà.

Esiste, infatti, un’ampia galassia della destra europea che annovera forze di chiara ispirazione democratica saldamente legate ai principi dello Stato di diritto. Si tratta di una destra conservatrice e liberale, spesso accusata di “euroscetticismo” da chi tende a identificare lo spirito europeista con la difesa ad oltranza dell’attuale impianto comunitario.

La verità che, pur essendo un’entità politicamente necessaria, l’Ue non è esente da critiche sia per la sua burocrazia elefantiaca che per gli errori commessi all’epoca dell’austerità. Non si può, pertanto, bollare di antieuropeismo chiunque osi mettere in discussione l’impostazione tecnocratica di una impalcatura gradita all’establishment ma invisa al cittadino scopertosi più povero.

Partire da questo presupposto consentirebbe di capire le profonde stratificazioni esistenti all’interno della destra europea di cui il nostro paese è in grado di offrire plasticamente un esempio.

Si ponga mente alla composizione del Governo Meloni all’interno del quale convivono tre destre strutturalmente diverse, caratterizzate da spiccate antinomie identitarie che, per essere “sterilizzate”, necessitano del supporto di una robusta leadership (ieri Silvio Berlusconi, oggi Giorgia Meloni).

Vediamole. Fratelli d’Italia è una forza politica nata con l’obiettivo di superare la svolta di Fiuggi e di tornare alle origini di quella destra post-fascista che si riconosceva in Almirante di cui Giorgia Meloni suole mutuarne il frasario (i termini “patria”, “nazione”, “etnie”, seppur citati dalla Costituzione, sono caratterizzate da un forte accento identitario).

Di contro, la Lega resta un partito che conserva una marcata connotazione localista, come si evince dal pervicace tentativo di forzare il percorso del cosiddetto regionalismo differenziato che alcuni governatori del Sud vedono come un astuto espediente per liberarsi della zavorra del Mezzogiorno.

Infine, c’è Forza Italia, partito storicamente europeista che, grazie al carisma e alla potenza mediatica del suo compianto fondatore, è stato finora l’anello di congiunzione tra Lega e Fratelli d’Italia dei quali risultano palesi le profonde diversità, anche nel campo della politica estera (Salvini vicino a Marine Le Pen e a Putin, Meloni a “Vox” e a Trump).

Come si vede, siamo davanti ad un’alleanza di governo alquanto variegata di cui sarà possibile misurare il grado di coesione al momento del voto alle prossime europee. Il sistema proporzionale obbligherà, infatti, i singoli partiti della coalizione ad una feroce competizione che metterà a dura prova non tanto la tenuta dell’esecutivo quanto della leadership della Meloni, tuttora indigesta all’elettorato leghista.

In occasione di tale appuntamento elettorale non sarà più possibile, ad esempio, dissimulare le frizioni interne sul sostegno militare a Zelensky. La belligeranza dell’Europa rappresenta un tema cruciale che, dopo aver spaccato la sinistra, non risparmierà la destra. Le fratture all’interno del gruppo di Visegrad, che vedono la Polonia schierata con la Nato e l’Ungheria al fianco di Putin, lasciano presagire una campagna elettorale nella quale affioreranno in superficie tutte quelle contraddizioni che oggi covano in profondità alle quali occorre aggiungere le incognite legate alla scomparsa dei Berlusconi, indiscutibile “deus ex machina” della destra italiana.

Il tema della guerra, pertanto, finirà per rendere chiari i contorni e le specificità di ogni singola destra: quella che crede nella democrazia liberale e nel libero mercato, quella nazionalista e xenofoba, quella che, nel solco del pensiero di Putin, ritiene la soluzione autoritaria l’unico rimedio per arginare la globalizzazione. Pertanto occorre ammettere che, come esistono più sinistre, così esistono più destre: sta sempre al cittadino scegliere quella migliore ed evitare accuratamente quella peggiore.

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