Un omaggio alla memoria, più che una commemorazione. Una riscoperta della storia locale, ma non un’operazione archeologica. Una sfida coraggiosa, benché con motivazioni sufficienti a non ritenerla incosciente. Tutto questo fu la Passione di Cristo andata in scena al Teatro Licinium di Erba esattamente vent’anni fa, nel luglio del 2000.

 

Riportare il dramma sacro sul palcoscenico di cui aveva fatto le fortune negli anni Venti, Trenta e Cinquanta era la principale aspirazione dell’Accademia dei Licini, costituitasi all’inizio degli anni Novanta per dare nuova linfa al Teatro all’aperto erbese. L’indizione del Giubileo del 2000 creò il contesto ideale e spinse l’associazione – fino ad allora organizzatrice di spettacoli – a intraprendere la prima avventura produttiva, conscia delle difficoltà: l’impegno economico, il confronto con le edizioni precedenti, la necessità di mobilitare il territorio, la naturale alea di un teatro all’aperto, esposto ai capricci climatici. L’onere organizzativo fu supportato dall’indispensabile supporto del Comune e di altri enti locali, nonché dal fondamentale contributo di molti sponsor privati. Nel richiamo al passato si cercò un equilibrio fra rispetto della tradizione (col recupero del copione originale dei fratelli Airoldi e Giacomo Pozzoli, della colonna sonora del 1955 e di alcuni caratteristiche scenografiche, come la Crocefissione ambientata sul poggio erboso prospiciente il palcoscenico) e adattamento al gusto dello spettatore contemporaneo. Per sensibilizzare l’opinione pubblica furono ideate diverse iniziative: dalla Via crucis allestita dal Gae nel centro cittadino alla ristampa delle cartoline con i bozzetti di Otha Sforza promossa dalla Fondazione San Vincenzo. Il meteo era l’unico aspetto imponderabile e ci si affidò alla buona sorte…

L’Accademia insistette su un punto: quella Passione non era un’idea “sua”, ma un patrimonio di Erba. E si sforzò quindi di coinvolgere più realtà possibili, a partire dai gruppi teatrali cittadini: risposero tutti, chi in scena, chi dietro le quinte, chi fornendo i costumi, chi provvedendo agli allestimenti scenici. Il tutto su base volontaria, vale la pena sottolinearlo. Ma elemento peculiare delle antiche Passioni era anche il connubio tra i filodrammatici e gli attori professionisti ingaggiati per i ruoli principali. Avvenne così anche nel 2000 e, ovviamente, la riuscita dell’operazione dipendeva dal responsabile artistico. L’Accademia si affidò con convinzione al regista Gianlorenzo Brambilla, che negli anni precedenti aveva già curato l’allestimento di due presepi viventi. Brambilla si calò nello spirito della Passione erbese con la sua sensibilità, ritoccando le parti più obsolete del testo, esaltando la cornice naturale del Licinium con soluzioni sceniche ravvivate da un illuminazione “caravaggesca”, approfondendo lo spessore psicologico dei personaggi e valorizzando le doti di tutti gli interpreti, dai professionisti agli amatori locali. Dotato di forte personalità, calibrò rigore e bonomia per cementare l’intesa all’interno del cast, che nell’arco della stagione raggiunse un affiatamento insperato.

 

Le prove furono lunghe e faticose, dovendo far fronte agli assolati pomeriggi di giugno così come alle pause forzate provocate da improvvisi acquazzoni, e protraendosi fino a notte fonda per “studiare” gli effetti luminosi. Ma quello sforzo collettivo fu totalmente ripagato: le sei rappresentazioni (compresa un’anteprima) registrarono quasi sempre il “tutto esaurito” e furono salutate dagli applausi calorosi di circa 2700 spettatori presenti complessivamente (il Licinium era omologato per accogliere 500 persone), accorsi da tutta la Lombardia e anche oltre. Al concorso di pubblico si unirono i consensi della stampa non solo locale.

Ripensando a quella indimenticabile estate che vissi “da dentro”, non esito a definire strepitoso il risultato artistico, frutto di bravura, abnegazione e professionalità. Ma lo metto in secondo piano rispetto al sodalizio di cordialità e amicizia che si strinse all’ombra delle colonne del Licinium. Il ricordo si sofferma sui nomi e sui volti di chi non c’è più, in primis lo stesso Brambilla e Isabella Molteni, che proprio dopo la Passione assunse la presidenza dell’Accademia, guidandola a proseguire sulla strada delle produzioni anche nelle estati successive con successo sempre crescente (detto tra parentesi: entrambi avrebbero meritato l’Eufemino, e forse non è troppo tardi…).

Oggi lo scenario è talmente cambiato che risulta azzardato anche solo pensare di ripetere un’esperienza come quella. L’attività dell’Accademia si è arenata per ragioni sulle quali è inutile tornare (ma l’associazione non si è sciolta, tengo a precisarlo). Al Licinium a breve inizieranno i lavori di messa a norma dell’impianto elettrico, il cui deficit non ha scoraggiato il Giardino delle Ore dal portare in scena spettacoli, anche nei giorni scorsi, con encomiabile impegno. Pur nella limitazione dei mezzi e dei supporti tecnici, il Giardino si è accostato al Licinium con la considerazione del luogo e la consapevolezza della storia che ha alle spalle. Ora c’è da sperare che questi lavori restituiscano a Erba un teatro in grado di ospitare allestimenti degni della sua tradizione. E che chiunque se ne occuperà in futuro possa ricreare quello straordinario patrimonio umano che caratterizzò l’estate della Passione.

Mauro Colombo

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