CON LA MARTESANA ALLA SCOPERTA DI TESORI ANTICHI

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Proseguono i nostri appuntamenti col Dieci con l’intento di segnalare itinerari e storie legate al nostro territorio del Triangolo Lariano e della Vallassina. In particolare voglio portare la vostra attenzione al borgo di Asso, la località che ha dato il nome a quella valle che dalla cascata della Vallategna si sviluppa fino a Magreglio ovvero la Vallassina o Valle di Asso. Secondo gli storici il territorio racchiudeva quattro quartieri ben definiti; Asso con Pagnano e Scarenna, Valbrona con Onno e Visino, La Val Barneggia con Barni, Magreglio e Lasnigo, e il Monte di Sera con Caglio Sormano e Rezzago. Un’ antica leggenda è nata tra le strade che si inerpicano nella valle ed è quella narrata nel libretto della Vallassina di Carlo Gaggiotti che racconta di quel che accadde una notte d’inverno al povero Tobia.

“ Al tempo che Berta filava, un certo Tobia stava contando un buon gruzzolo di monete d’oro, nella sua catapecchia, mentre fuori imperversava la tormenta. Un mendico lacero e senza mantello bussò alla porta , chiedendo per carità di dormire nel fienile di Tobia, ma questi gli oppose un duro rifiuto né miglior accoglienza ebbero le successive richieste del poverello di un tozzo di pane, per sfamarsi, di un sacco per ricoprirsi, e di un bastone per sostenersi. Tobia chiuse crudelmente l’uscio in faccia al mendico, ma quando cercò nella tasca, per continuare il conteggio delle monete, s’accorse con terrore che queste si erano tramutate in tante foglie secche. E col più sincero augurio che ciò possa realmente accadere a tutti gli avari di questo mondo, debbo aggiungere che Tobia, improvvisamente impazzito per la grandissima emozione provata, andò vagando per la vallata, raccontando a tutti la disgrazia subita. Ecco perché in Vallassina si usava una volta, nelle giornate particolarmente rigidi d’inverno, appendere fuori dalle porte dei casolari, un bastone, un sacco e un pezzo di pane, onde evitare strani incontri. Sempre a proposito di fatti curiosi, forse non tutti sanno che patrona di Asso è S.Apollonia, la cui festa si celebra il 9 febbraio.

E che questa santa è protettrice anche dei dentisti ed è invocata da chi soffre per malattie ai denti. La sua vicenda, da quanto tramandato, risale al 249 ed è stata narrata da Eusebio di Cesarea. All’epoca ad Alessandria d’Egitto scoppiò una sommossa contro i cristiani. Apollonia, che era una anziana donna  e aveva fatto opere di apostolato, fu catturata e percossa. I suoi denti furono estirpati con tenaglie: per questo è anche la patrona dei dentisti e nell’iconografia è rappresentata proprio con in mano una tenaglia.

Per lei fu preparato un fuoco con la minaccia di bruciarla viva, a meno che non avesse rinunciato alla fede cattolica. Ma, riuscita a liberarsi da chi la tratteneva, si gettò nelle fiamme, morendo da martire. Voglio narrarvi anche altre curiosità che riguardano il culto di Sant’Apollonia: La prima è che nei secoli scorsi la devozione per lei era così forte e sentita che dal Medioevo in poi in molte chiese vennero segnalati suoi presunti denti-reliquie. Cosa poco gradita da Papa Pio VI (in carica dal 1775 al 1799), che – essendo molto severo rispetto a queste manifestazioni di sentimento religioso –  ordinò di raccogliere i denti e, dopo averli deposti in un baule, li fece buttare nel fiume Tevere. Ma alcune reliquie furono salvate e tra queste c’è quella di Asso, infatti nella chiesa parrocchiale è custodito ancor oggi un dente della santa. Ed è per questo che ad Asso la festa si celebra con tutta la pomposità dovuta anche con la tradizionale accensione all’interno della chiesa del famoso “ballon” con la fatidica frase detta in latino sic transiit gloria mundi… “ così passa la gloria del mondo ”. Ai bambini brianzoli che si lasciavano estrarre i dentini senza troppo piangere, si diceva che la santa avrebbe portato un dono prendendosi in cambio il dente che veniva lasciato sul comodino, la notte, sotto un campanello o un bicchiere rovesciato cosi che al mattino i bambini potevano trovare un soldo o un dolce portato da Santa Apollonia. Interessante è anche la storia di come è arrivata la reliquia ad Asso. Dice la leggenda che furono nientemeno e i crociati al ritorno dalla Terra Santa che portarono ad Asso questo prezioso dono. Essi lo recuperarono durante la prima crociata del 1096 e rientrati in patria lo portarono come dono alla comunità di Asso. Anche San Carlo Borromeo fu testimone di questa singolare situazione, infatti nella sua visita pastorale nel 1572 disse di aver veduto nell’antica chiesa parrocchiale una cappella con affrescato il Santo Sepolcro, ed è facile pensare quell’opera fosse un dono dei crociati per adornare la cappella destinata a contenere la sacra reliquia. La voce popolare narra che alcune persone, durante la Settimana Santa, in particolare il giorno del venerdì santo, dicono di aver visto lungo le strade di Asso, apparire in forma di fantasmi, antichi cavalieri medievali con vessilli ed armature dei crociati, forse per controllare che la reliquia di santa Apollonia sia ancora presente e degnamente custodita dai fedeli assesi. Il Borgo di Asso merita almeno una visita e numerose sono le testimonianze storiche e artistiche presenti che potremo scoprire insieme, il suo castello, gli affreschi e gli stemmi delle famiglie nobili, e la storia di antichi palazzi e personaggi che però meritano più ampio spazio e che vi racconterò in futuro.

Per la Martesana Arch. Antonello Marieni

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