I commenti sugli scontri tra studenti e forze dell’ordine hanno riproposto la riedizione di vecchi teoremi, scontati e prevedibili. La destra con i poliziotti e la sinistra con gli studenti rappresentano, infatti, una costante della storia di un paese incapace di uscire dalle secche di una contrapposizione ideologica mai sopita.
Polizia “fascista” e studenti “comunisti” costituiscono l’unica chiave di lettura proposta da una classe politica che non riesce a liberarsi dalle scorie di uno schema ormai stantio che impedisce di interpretare il disagio di una società attanagliata dalla rabbia e dalla paura.
La sensazione è che, oltre al ceto politico, vi sia una parte rilevante del paese che seguita colpevolmente ad ignorare le ansie e le inquietudini che iniziano a lambire segmenti sociali del tutto inediti i quali avvertono, per la prima volta, la precarietà di un benessere sempre più vulnerabile.
Sarebbe utile rammentare che una società attraversata dalla rabbia è una società fortemente esposta alla penetrazione di devianze anarcoidi prive di una vera matrice ideologica.
In verità, risulta alquanto paradossale che, dopo avere dileggiato e sbertucciato gli adolescenti per la loro indolenza, oggi si tenda a rappresentarli come il simbolo nefasto di una nuova eversione oppure, alla meglio, come gli utili idioti di una parte politica.
Con un minimo di onestà intellettuale sarebbe sufficiente guardarne i volti e scrutarne il candore per rendersi conto che, come in altre occasioni, gli episodi più deprecabili siano da imputare al ribellismo di sparute minoranze che non perdono occasione per cercare lo scontro con la polizia.

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Si tratta, praticamente, di infiltrati, di facinorosi, di arrabbiati, del tutto privi di cultura politica e di qualsiasi bagaglio culturale. Li vediamo, spesso, all’opera negli stadi: popolano le curve, berciano contro i poliziotti e cercano lo scontro con le tifoserie avversarie. Definirli sovversivi risulta grottesco perché finirebbe perfino per nobilitarli.

Parimenti, con la stessa onestà, sarebbe opportuno riconoscere che all’interno delle forze dell’ordine esiste, da sempre, una minoranza che tende a coltivare una concezione “muscolare” dello Stato e, in quest’ottica, non esita a manifestare il proprio disprezzo nei confronti dei diritti e dei valori della democrazia liberale.

Per costoro Putin rappresenta il perfetto paradigma del modo in cui dovrebbe essere esercitato il potere, l’archetipo del leader in grado di spazzare via tutti quegli orpelli che indeboliscono l’apparato statale e rendono fragile l’identità collettiva di un popolo che avrebbe urgente bisogno di ritrovare il senso di appartenenza alla nazione.

Si tratta di una visione aberrante del rapporto tra cittadini e Stato che, benché abbia connotazioni apparentemente ideologiche, appartiene, in realtà, ad una subcultura nella quale si mescolano confusamente rabbia, frustrazione, povertà culturale e, talora, invidia sociale.

Inutile dire che, anche in questo caso, siamo davanti ad esigue minoranze che nulla hanno a che vedere con la stragrande maggioranza delle forze dell’ordine che si compone, come ogni altra categoria, di soggetti che si dedicano al proprio lavoro con grande abnegazione.

Negare l’esistenza di queste piccole frange di esaltati, sarebbe solo ipocrisia. La verità è che restiamo un paese fazioso, ammorbato inguaribilmente dal tarlo dell’ideologia e sempre pronto a riesumare l’antica tenzone tra fascismo e comunismo.

Il cittadino dovrebbe stare attento a non farsi irretire da questa rappresentazione pretestuosa e menzognera. Che si tratti di una impostura, possiamo arguirlo agevolmente dall’indifferenza con cui classe politica e società civile hanno assistito per anni al lento declino della scuola e alla perdita di prestigio delle forze dell’ordine. In quella piazza, pertanto, non c’erano poliziotti fascisti e studenti comunisti: in quella piazza c’era il ritratto di una società arrabbiata che vive le ansie del presente senza l’orizzonte di un futuro migliore.

Si racconti questa verità al cittadino senza cercare di ingannarlo favoleggiando di fascismo e comunismo.

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