di Giovanni Bosisio

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A chiunque giunga dal milanese, non può sfuggire all’attenzione l’erto versante del Monte Panigàà sovrastante la città di Erba che, al pari della bastionata del Buco del Piombo, offre alla vista numerosi affioramenti rocciosi di bianco calcare da decenni frequentati da climbers di ogni età provenienti anche da lontano. Pur soffrendo la concorrenza del Lecchese, queste palestre di roccia di dimensioni più ridotte sono molto amate dalle scuole d’alpinismo sia per la varietà delle difficoltà, che per le recenti ri-chiodature a fix (tasselli) e, non da ultimo, per il breve approccio e l’esposizione al sole. Pure la vista sui laghi briantei è appagante mentre le precoci fioriture invernali-primaverili rendono attraenti i boschi circostanti dove non è raro trovare già in gennaio timide primule e viole tra bianche distese di ellebori, grazie al microclima particolarmente favorevole.
Le strutture principali sono almeno sei, tutte raggiungibili comodamente dal parcheggio dello stupendo Eremo di S. Salvatore (strada privata) o dalla Canova e facilmente collegabili per una fitta rete di sentieri ben segnalati. Pochi sanno che in ambito alpinistico, uscendo dai confini provinciali, ad Erba viene riconosciuta una discreta fama per questi piccoli tesori che la natura ci ha regalato.Si parte dal Tavarac (il più a Est) sovrastante Lezza/Ponte Lambro, storicamente appartenente ed attrezzato dal CAI Merone, che si presenta con venature verticali di complicata interpretazione e dove sono tracciati molti percorsi nella parte bassa mai facili; nel pomeriggio è poco esposto al sole. Sulla struttura che si compone di almeno tre risalti sovrapposti, sono anche presenti due vie ferrate, una molto a sinistra facile (catena) e una sulla destra nettamente più impegnativa con tratti di sola corda d’acciaio e altri con sola catena. Le due si intersecano sotto il friabile terzo risalto: in questo punto fare attenzione per la prima a scendere leggermente a destra per cengia a reperire la catena, evitando la verticale uscita della seconda. In cima una croce illuminata da fotovoltaico e una facile prosecuzione segnalata per il sentiero della capanna Mara che si raggiunge in breve.
Scendendo circa 15’ da questa larga e comoda mulattiera si arriva alla base della struttura più famosa: il Sasso d’Erba chiamato anche Sasso Bianco per distinguerlo dal più impegnativo Sasso Giallo. Questa falesia originariamente è stata scuola di molti arrampicatori erbesi, brianzoli e comaschi e come tutte le altre falesie poco chiodata, quindi con l’accettazione di una buona dose di rischio. Ora invece è allineata alle tendenze correnti e addomesticata da numerosi fix che hanno favorito un progressivo aumento della frequentazione; la stratificazione orizzontale di calcare frammisto a dure selci comporta un tipo d’arrampicata abbastanza semplice malgrado la discreta verticalità. Sulla parte Sud a partire dalla mulattiera si sviluppano vie adate anche ai neofiti alternate a passaggi di maggiore difficoltà, mentre sulla strapiombante parete Ovest, ora abbastanza disertata, corrono alcuni storici itinerari molto impegnativi.


Scendendo un poco dalla stradina, fino al tornante, partono due sentieri a destra: prendendo quello più basso e pianeggiante e percorrendo 5’ di bosco si arriva alla lunga bastionata della Falesia del Tramonto, individuata, ripulita e attrezzata a fix in tempi recenti da un forte arrampicatore di origine bellunese. Ha subito trovato molti adepti per la bellezza della roccia e le difficoltà piuttosto sostenute ma non proibitive. Vi sono tracciate molte vie reperibili online ma anche segnalate alla base – al contrario del Tavarac è esposto al sole nel pomeriggio, donde il nome. Fronteggia la più grande bastionata del Buco del Piombo ed è al riparo da ogni disturbo.
Dal tornante precedente scendendo un pochino ad un tratto pianeggiante, quasi in corrispondenza di una piccola croce in ferro è visibile una traccia che risale in breve al Sasso Muschiato (segnale), il meno elevato del gruppo (circa 20mt) e situato poco sotto il Sasso d’Erba col quale condivide il tipo di stratificazione rocciosa. Alcune vie qui sono tra le più facili, ma non mancano bei movimenti.
Continuando invece nel tratto pianeggiante sopraindicato fino alla sua fine, si nota un sentierino non segnalato che in breve porta al Sasso dell’Edera, più largo che alto e anch’esso raggiungibile scendendo un pochino dal Sasso d’Erba. Qui le varie vie d’arrampicata trovano una stratificazione meno favorevole per cui le difficoltà salgono raggiungendo livelli piuttosto alti pur nella brevità dei percorsi. Questi è meno frequentato del Sasso d’Erba e della falesia del Tramonto ma per l’esposizione solare e la buona chiodatura non è raro imbattersi in ottimi climbers brianzoli.
Dalla base di questa falesia è possibile attraversare per sentierino pianeggiante in direzione Est raggiungendo in breve il notevole Sasso Giallo che sovrasta l’Eremo dal quale è raggiungibile per ripido sentierino in 15’. Si tratta di una falesia molto severa con numerose colate di carbonato di calcio che gli conferiscono un colore ben diverso dalle precedenti; è alto circa 60mt nel punto maggiore e strapiomba un po’ dovunque nella parte alta. Inizialmente vi si arrampicava con staffe, poi con l’evoluzione dell’arrampicata libera e il progressivo aumento delle protezioni a fix si sono moltiplicate vie selettive di grande difficoltà e bellezza. L’affluenza qui è in funzione esclusiva del grado di preparazione raggiunto: vi si cimentano solo climbers molto dotati. Come per le altre falesie esiste alla base un quadro delle vie con i gradi di difficoltà e si scende con tecnica di corda doppia grazie agli ancoraggi previsti per questo scopo (anche se in qualche occasione è possibile scendere dal versante opposto senza corda).
Queste note non sono una sollecitazione all’arrampicata ma semplicemente un invito alla conoscenza del nostro territorio, ampiamente apprezzato da escursionisti e climbers non solo lombardi. A chi si accontenta solamente di visitarle si consiglia la domenica, quando è più facile osservare i movimenti atletici dei climbers e ovviamente il giro può essere intrapreso anche in senso inverso reperendo facilmente le belle falesie. Alla base dell’arcinoto Sasso d’Erba, come già detto, transita la strada molto frequentata che dall’Eremo porta alla Capanna Mara, ma è preferibile far precedere la visita alle strutture sottostanti per facili sentierini che permettono anche di ammirare il bel sottobosco spesso fiorito. Solo per il Tavarac bisogna un po’ allungare il percorso continuando oltre il Sasso d’Erba per 5’ fino ad incontrare una chiara segnaletica verticale a destra che invita a scendere verso la base in altri 10’. Gli escursionisti più agguerriti potranno continuare la salita fino in vetta al Monte Panigàà, dove oltre a godere un grandioso panorama avranno la possibilità di interpretare i segnali della bella croce Pessina. Si raccomanda comunque la massima attenzione a non abbandonare i sentieri per il costante pericolo di tratti dirupati.

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