Negli ultimi mesi i mezzi di informazione continuano a dare ampio risalto alla diffusione dell’Intelligenza Artificiale che consente all’essere umano di interagire con il cosiddetto “chatbot”, una macchina in grado di emularlo nel linguaggio, di conversare, di creare immagini, testi e correlazioni.

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Vero e proprio surrogato dell’uomo, la macchina creata con questa nuova tecnologia informatica si fonda sulla capacità di raccogliere una mole immensa di dati e di rielaborarli sulla base di regole predeterminate (algoritmi) che consentono la soluzione immediata di un problema, di un quesito o lo svolgimento di un determinato compito.

Le implicazioni di questa invenzione risultano innumerevoli. Il mondo accademico e la stampa, specializzata e non, continuano a discettare su un tema destinato a determinare una vera e propria mutazione antropologica al punto che, perfino i suoi creatori, Yoshua Bengio e Geoffrey Hinton, iniziano a paventare il rischio di un futuro distopico in cui le relazioni umane tendano gradualmente a rarefarsi per fare posto ad una società abitata da macchine sempre più intelligenti in grado di far sentire l’uomo sempre più stupido (alibi perfetto per le élite tecnocratiche).

Questo è uno dei profili più temuti e, conseguentemente, più dibattuti. Ma vi è un altro profilo che il dibattito tende a sottovalutare: l’avvento del cosiddetto “chatbot” suggella il definitivo “trionfo della velocità” come regolatore della vita umana, individuale e collettiva (vecchia profezia di Italo Calvino).

La nostra società è chiamata a riflettere sulle conseguenze di questo trionfo che segnerebbe la definitiva capitolazione del nostro sistema educativo il quale, negli ultimi trent’anni, ha subito un drammatico ridimensionamento del proprio ruolo. In verità, risulta paradossale che la componente più esposta all’influenza dell’Intelligenza Artificiale, cioè la scuola, sia quella meno coinvolta nel dibattito di questi mesi.

Evidentemente, come è già accaduto in passato, si dimentica che il sistema scolastico è obbligato a misurarsi quotidianamente con le problematiche che discendono da questa rivoluzione. Occorre, purtroppo, ammettere che la scuola italiana è stata lasciata da sola anche in occasioni dei grandi cambiamenti che hanno preceduto l’arrivo del “chatbot”. La tv commerciale prima e l’avvento dei social dopo, hanno rappresentato, nella storia del sistema educativo del paese, due momenti topici che hanno travolto la funzione sociale del docente il quale si è visto disarmato davanti alla potenza devastante delle nuove tecnologie.

In questo senso, il nostro sistema scolastico costituisce un esempio di archeologia che continua a perpetuare un modello didattico tristemente obsoleto del tutto incapace di fronteggiare la competizione dei nuovi media. Da anni i docenti si vedono costretti a combattere una sorta di guerra non dichiarata con i social che, sul piano educativo, da lungo tempo hanno soppiantato la scuola nella capacità di forgiare il linguaggio, gli abiti mentali e l’universo simbolico dei giovani.

La nascita dell’Intelligenza Artificiale rappresenta un ulteriore salto di qualità di quella “civiltà digitale” di cui non solo la scuola ma l’intera cultura occidentale stenta a coglierne le implicazioni. Gli anni a venire saranno determinanti per la scuola italiana che dovrà essere in grado di reggere un confronto che finora l’ha vista perdente.

La didattica tradizionale dovrà lasciare il posto a nuove metodologie e a modalità relazionali del tutto inedite. Occorre riconoscere che la figura tradizionale dell’insegnante non appare culturalmente attrezzata per essere in sintonia con l’universo giovanile perché, da lungo tempo, quella peculiare tipologia di approccio didattico non è più in grado di dispiegare quello slancio di cui un sistema educativo avanzato ha urgente bisogno (per gran parte degli studenti italiani, la scuola resta un luogo di noia). Tra qualche anno la scuola italiana si troverà a confrontarsi quotidianamente con ragazzi che potrebbero apparire come una sorta di Ogm (oggetti geneticamente modificati) a causa di un immaginario dominato dall’uso incessante dei cellulari e dei “chabot”.

Per tali ragioni, per non ripetere gli errori del passato, ogni docente dovrà scongiurare la tentazione, sempre incombente, di imputare ai giovani le colpe degli adulti. Stiamo attenti, pertanto, a non lasciare i ragazzi diventare facile preda delle nuove tecnologie perchè, solo attraverso il filtro del Sapere, sarà possibile disinnescarne i rischi e trasformarle in una grande opportunità.

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