Perché ingaggiare una prova di forza anzichè favorire  il dialogo e proporre possibilità di convivenza rispettosa? Sarebbe il modo migliore per garantire una pace sociale e un ordine pubblico fondato sul comune rispetto delle regole

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Con una nota congiunta, tutta l’opposizione consiliare (Erba Civica, Partito Democratico e Democrazia Partecipata) esprime soddisfazione per la decisione del Tar Lombardia che ha accolto l’istanza cautelare presentata dall’associazione Assadaka, per celebrare i riti religiosi del Ramadan nella propria sede di via Lecco, pur rinviando all’udienza del prossimo 4 aprile la decisione nel merito. “ Il provvedimento – sottololinea l’avv. Michele Spagnuolo, capogruppo di Erba Civica e docente di diritto – dimostra che il rifiuto del Comune di concedere un’area per il mese del Ramadan, avrebbe compromesso l’esercizio della libertà di culto esercitabile in questo periodo dell’anno e per un periodo limitato. Per questo il Giudice monocratico ha individuato la sussistenza dei presupposti di estrema gravità ed urgenza”. 

“Abbiamo incontrato i rappresentanti dell’associazione della comunità islamica – dice il consigliere comunale Giorgio Berna – e abbiamo ascoltato la loro versione dei fatti che hanno portato al diniego a firma del Sindaco, poi abbiamo acquisito – recandoci all’ufficio legale del Comune – la conoscenza delle motivazioni che stanno alla base della mancata autorizzazione da parte del Comune, rilevando come gli elementi  giuridici siano stati usati più che altro come pretesti di carattere politico”.

L’Associazione   Culturale   Assadaka   di   Erba,   ha   formalmente   richiesto   di   poter   esercitare   un   proprio “diritto di libertà” come costituzionalmente garantito, nella certezza che non ci fossero ragioni ostative per poterlo limitare. Sulla pacificità e correttezza dello svolgimento degli incontri durante il Ramadan,  l’avv. Spagnuolo richiama l’autorizzazione che era stata data lo scorso anno dal Sindaco pro tempore  che ha riconosciuto un diritto assolutamente legittimo e fa’ rilevare che il tutto si è svolto nel silenzio della preghiera  e nell’assoluto rispetto dell’ordine pubblico e del buon costume, come previsto dagli art. 8 e 19 della Costituzione.

“Le eccezioni sollevabili dall’Amministrazione comunale di Erba – conclude il capogruppo di Erba Civica – possono riferirsi a questioni di carattere urbanistico sulla realizzazione di un luogo di culto a carattere permanente. Ma non possono essere tali da non riconoscere la libertà di preghiera nel proprio territorio comunale”.

“La vicenda dell’autorizzazione alla preghiera per il Ramadan richiesta dalla comunità  islamica erbese si trascina da anni – dichiarano i capigruppo i Alberta Chiesa  (PD)  e Doriano Torchio (Democrazia Partecipata) –  e non si può più ritenere o sostenere che abbia carattere di eccezionalità. Il rifiuto opposto dal sindaco Caprani alla associazione Assadaka, rigettato dal TAR, ha evidenti motivazioni politiche che confliggono con il diritto costituzionale alla libertà di culto, garantito  dagli articoli 3 e 8 della Costituzione italiana. A nostro avviso, al di là della situazione contingente, occorre risolvere in modo definitivo la questione dell’autorizzazione, che non può e non deve essere considerata una concessione da elargire di anno in anno, ma deve diventare permanente affinchè la comunità islamica possa esercitare il suo diritto di culto e alla preghiera. Riteniamo altresì doveroso che le Amministrazioni di qualsiasi orientamento politico dialoghino con dette comunità in spirito di collaborazione e senza pregiudizi”.

“In questo momento – afferma Giovanna Marelli, consigliere di Erba Civica e esponente di spicco del mondo erbese impegnato sul fronte della solidarietà e dell’integrazione – desideriamo dare il nostro supporto e la nostra solidarietà alla comunità mussulmana erbese, a tutti i cittadini che desiderano esercitare il proprio diritto di culto nel rispetto delle regole del paese che è diventato il proprio paese. Certamente i problemi legati alla possibilità di utilizzo della sede di proprietà dell’associazione culturale Assadaka sono riconducibili a   norme   di   ordine   urbanistico,   ma   in   verità   nessun   passo   è   stato   compiuto   dall’attuale Amministrazione per poterli risolvere, come si sarebbe già potuto fare cercando insieme una strada percorribile. La scelta di una dura contrapposizione ad ogni richiesta rivela chiaramente la volontà politica di negare un diritto costituzionale, di chiudere ogni possibilità di dialogo con chi da anni vive e lavora sul nostro territorio, ma appartiene a una cultura e ad una religione diversa. E’una scelta ottusa – conclude Marelli  che rileva l’assenza di un reale pensiero per il benessere sociale nella nostra città: costruire alleanze, favorire il dialogo, mediare e proporre possibilità di convivenza rispettosa sarebbe il modo migliore per garantire una pace sociale e un ordine pubblico fondato sul comune rispetto delle regole. Mentre ingaggiare una prova di forza può indurre reazioni che dividono, contrappongono,  inaspriscono rapporti  e possono produrre disordine. E se questo dovesse avvenire, sarà completa responsabilità dei nostri amministratori! Perché continuare su questa strada?”. 

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