Proseguiamo la nostra presentazione dei Quaderni Erbesi con l’articolo di Enrico Meroni dedicato alla consacrazione della chiesa di San Martino di Orsenigo: “Queste pagine vorrebbero riuscire a far parlare le pietre; in questo caso la lapide marmorea che ricorda e tramanda un avvenimento importante per la parrocchia di Orsenigo, e cioè la consacrazione della chiesa dedicata a san Martino. La lapide dà conto anzitutto degli elementi utili ad identificare l’avvenimento: la consacrazione avvenne il 29 giugno 1939 nel giorno della festa degli apostoli Pietro e Paolo e fu celebrata dall’allora arcivescovo di Milano cardinale Schuster. Il testo dell’epigrafe ricorda poi che la consacrazione fu ritenuta necessaria a seguito di vari interventi di restauro e di ampliamento dell’edificio nel corso dei primi decenni dell’Ottocento e del Novecento. Ma il punto più interessante del testo, che – va sottolineato adeguatamente – fu scritto dallo stesso arcivescovo, è costituito dal titolo assegnato al santo cui la chiesa è dedicata, e cioè San Martino, definito PAR APOSTOLIS.

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In realtà è un titolo piuttosto inconsueto, assai raro fra i titoli che comunemente sono assegnati ai vari santi e alle varie sante. Bisogna perciò tentare di capire l’intenzione con cui Schuster lo privilegiò rispetto ad altri. Intanto si può dire che la coincidenza con la festa degli apostoli per eccellenza, Pietro e Paolo, può aver indirizzato l’arcivescovo in tal senso; ma ancor più documentabile è la tradizione relativa al santo di Tours a lui ben nota. Attraverso l’analisi della tradizione agiografica relativa a Martino è abbastanza semplice risalire alla fonte, all’inizio di tale sua caratterizzazione. E la si incontra la prima volta nelle opere del suo primo biografo, Sulpicio Severo, specialmente nella “Vita di Martino”, da lui scritta quando il santo era ancora in vita. A partire da quel testo si snoda un percorso lineare e rintracciabile facilmente, lungo il quale si incontrano sia altri testi di natura agiografica, sia testi di uso liturgico, importantissimi per la formazione e la costruzione della figura del santo. Fra questi spicca un inno di Oddone, abate di Cluny, nel quale ricorre proprio l’espressione usata nell’epigrafe di Orsenigo, cioè “Martine par apostolis”.

Sia la tradizione agiografica, sia quella liturgica, concorrono dunque a fare di Martino una figura esemplare di evangelizzatore delle popolazioni pagane: in tal senso egli sarebbe un nuovo apostolo in tutto simile agli apostoli propriamente detti; direttamente ispirato da Dio, egli è l’inviato che, compiendo miracoli, risanando malati, abbattendo gli idoli pagani, genera la conversione alla religione cristiana. Naturalmente si tratta di una specie di ricostruzione della sua personalità, certamente radicata nella storia e tuttavia limata, per così dire, per smussare certi aspetti non riconducibili all’idea della santità, così come traspare, per esempio, nella notissima scena della condivisione del mantello.”

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