Sarà assegnato quest’anno a Klaus Davi il prestigioso Premio Badolato, organizzato dall’Associazione Culturale Calabro-Brianzola di Albavilla presieduta dal geometra Vincenzo Versace.

Il Badolato, giunto alla XI edizione, ha visto crescere nel tempo notorietà e autorevolezza grazie sia all’elevato profilo dei personaggi premiati, sia ad alcuni riconoscimenti di carattere nazionale (recentemente dal Minstero dell’ Istruzione Università e Ricerca).

Incontriamo Klaus Davi per una breve intervista.

 

“Lei ha un rapporto forte con la Calabria, da parecchi anni. Come è nato questo rapporto?”

“Io provengo dall’impegno politico, ma in particolare mi sono sempre occupato di sociale. Anzi, più che impegno politico lo definirei impegno sociale. La mia formazione è legata alla sinistra, poi con gli anni si cresce e gli impegni assumono altre forme e infatti mi sono occupato e mi occupo, tra le altre cose, di giornalismo e in tal senso ho affrontato temi legati alla criminalità organizzata. Nello specifico: cinque anni fa si suicidò un magistrato, Giancarlo Giusti, e mi recai in Calabria per il caso. Fu in quell’occasione che cominciai a conoscere questa regione, ad amarla, ma anche a conoscere la ‘ndrangheta. Successivamente il rapporto si è sviluppato: io sono un comunicatore d’impresa, mi occupo di imprese sane ma in fondo anche la ‘ndrangheta è un’impresa, potentissima, ma legata al male. Ecco perché, ad esempio, mi sono candidato come sindaco di San Luca, uno dei centri più colpiti da questo fenomeno.”

 

“Lei accennava al suo impegno sociale ed è noto anche quello per le comunità ebraiche. Su questo tema, negli ultimi anni, si è creata una maggior consapevolezza di ciò che è accaduto durante la Shoah, in particolare grazie alla testimonianza diretta dei sopravvissuti eppure paradossalmente assistiamo anche ad un incremento di episodi bui, legati al razzismo più bieco. Cosa succederà quando non ci saranno più coloro che hanno vissuto in prima persona quella tragedia?”

“Il problema è legato alla mancanza di memoria: molto possono fare la scuola, gli insegnanti, i genitori. La scuola è luogo deputato alla formazione, all’aggregazione, alla cultura, tuttavia anche all’interno di altri spazi di aggregazione è possibile dare un contributo: penso agli oratori, ad esempio e alla stessa Chiesa che malgrado abbia avuto nel periodo dell’Olocausto un atteggiamento a volte ambiguo, in realtà ha senz’altro aiutato la comunità ebraica. Certo, poi è innegabile che l’incremento d’intolleranza è preoccupante, malgrado l’Italia non sia affatto un Paese razzista. Questi episodi non rappresentano gli italiani, va sottolineato. Mi auguro in ogni caso che la Memoria sarà conservata”

 

“Lei è una persona eclettica dal punto di vista culturale: scrittore, giornalista, saggista, comunicatore d’impresa, massmediologo. Da un lato è certamente talento, da un altro è forse anche voglia di scoprire, di mettersi in gioco, di rinnovarsi: quanto l’ha arricchito questo eclettismo e quanto lo consiglia ai giovani, ai ragazzi?”

“Mah…Io sono figlio dell’immigrazione, sono nato all’estero da padre italiano e sono cresciuto in Paesi che mi hanno, come dire, aperto mentalmente. Non sono figlio della borghesia, sono figlio della working class, della classe lavoratrice, ma crescere all’estero mi ha senz’altro arricchito; non credo di avere nessun particolare talento, al massimo posso avere una mente aperta. Ad esempio ho cominciato ad occuparmi di giornalismo non perché ne avessi bisogno, ma esclusivamente perché mi appassionava. Se ho un talento, ne possiedo uno solo ed è quello del coraggio: mi considero un coraggioso con la mente aperta e l’eclettismo è solo il frutto di questo. Ai giovani posso solo consigliare di diffidare delle convenzioni sociali e di mettere sempre “il naso” nella realtà.

Quando si è molto giovani si vuole essere come “il gruppo”, anch’io ho voluto appartenere “al gruppo”, poi con il passare degli anni si comprende che dal “gruppo” ci si può differenziare, valorizzando la propria identità. E per farlo, ripeto, ci vuole coraggio, mente aperta e in fondo anche curiosità, la curiosità di scoprire”.

 

“Enzo Ferrari diceva che in Italia perdonano tutto tranne il successo. Cosa dice di questa affermazione?”

“Prima di tutto non mi ritengo una persona di successo. Sono semplicemente un lavoratore, una persona che ha dedicato tutta la sua vita al lavoro sacrificando altri aspetti. Cosa penso di questa affermazione?

Credo sia vera solo in parte, fino ad un certo punto: se una persona orienta il cosiddetto “successo” in un interesse di comunità, se lo condivide, in realtà tutta questa invidia non esiste. Non è possibile non condividere la generosità, l’impegno sociale, la solidarietà, lo stesso dare lavoro a decine di famiglie; tanto più c’è condivisione, tanto più c’è apprezzamento sincero. Un esempio: quando mi sono candidato a S. Luca, in Calabria, dopo undici anni senza che nessuno si proponesse, ho avuto la stima e l’affetto delle persone e delle istituzioni, proprio perché era un atto forte, coraggioso e orientato alla collettività. In Italia fortunatamente il successo economico non è determinante per la reputazione di una persona; non siamo gli Stati Uniti, dove questo aspetto è più marcato.”

“Grazie dott. Davi.”

“Grazie a voi e un saluto ai lettori de Il Dieci”.

 

Klaus Davi (pseudonimo di Sergio Klaus Mariotti) è nato nel 1965 a Biel (Svizzera) ed è cittadino italiano. Si è laureato in Filosofia presso l’Università Statale di Milano. Nel 1991 inizia a collaborare con il Corriere della Sera, nella pagina dedicata alla cultura. Nel 1994 crea l’agenzia di comunicazione Klaus Davi & C. Numerose le collaborazioni con varie testate tra le più note in Italia. Numerosi inoltre i premi e i riconoscimenti in campo culturale e sociale.

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