L’avvento di Mario Draghi alla guida del prossimo governo rappresenta una vittoria di Matteo Renzi che, in modo del tutto inaspettato, è tornato imperiosamente in gioco attraverso un’operazione degna di quel Ghino di Tacco (pseudonimo di Bettino Craxi) che imperversava negli anni più turbolenti della prima Repubblica. Risulta ormai chiaro che, in Parlamento, tutti sapevano fosse in corso questa operazione che avrebbe scongiurato il rischio di un ricorso anticipato alle urne. Il tempo speso per la trattativa sul Conte-ter è servito a Mario Draghi per organizzare il proprio ingresso nell’agone politico avviando una serie di contatti preliminari di cui presto vedremo nomi e volti. Il paragone tra Matteo Renzi e Bettino Craxi non è affatto peregrino. Negli anni che precedettero Tangentopoli, era in atto una crisi sistemica non molto dissimile da quella odierna. L’instabilità del quadro politico, le fibrillazioni del clima internazionale, l’incombente recessione, furono fattori che, pur riconducibili a ragioni strutturalmente diverse, contribuirono a creare uno spazio politico che Craxi riuscì ad annettersi interpretando il ruolo corsaro di Ghino di Tacco le cui temerarie scorrerie determinavano continui scossoni che lui stesso si premurava poi di acquietare. La strategia di Craxi fu subito chiara a tutti: destabilizzare per poi stabilizzare trasformandosi da incendiario a pompiere. In pratica, fomentare instabilità serviva al Partito socialista per alzare il prezzo della stabilità di un sistema la cui debolezza rappresentava un elemento su cui costruire la propria centralità. Esisteva una sola possibilità per sottrarre al leader del Psi questo geniale, sfrontato “stop and go”: un accordo tra i due grandi partiti antagonisti, Dc e Pci, che, per le note ragioni internazionali, restava un’ipotesi assolutamente impraticabile. In questo senso, l’abilità di Matteo Renzi è stata quella di avere disarticolato un’alleanza di governo che, con il passare del tempo, si stava progressivamente cementando in modo preoccupante. Dopo l’esperienza di governo, infatti, il rischio che Pd, 5 Stelle e Leu potessero addivenire ad un’alleanza elettorale si stava concretizzando con la prospettiva di relegare fatalmente Renzi ad una subalternità che i sondaggi rendevano sempre più realistica. Lo scenario che si stava delineando rischiava, pertanto, di togliere a Italia Viva qualunque ipotesi di sopravvivenza politica. Stretto nella morsa tra due alleanze per lui mortali, Renzi ha saputo cogliere il malcontento dell’establishment per cavalcare l’ipotesi di Draghi premier come l’unica carta in grado di scompaginare un assetto politico che aveva consentito a Giuseppe Conte di assurgere saldamente alla leadership del centro-sinistra. Dopo avere ottenuto il placet da Mario Draghi, con la consueta iattanza Renzi ha iniziato a scorrazzare in televisione ostentando la certezza che, anche senza Conte, le Camere non sarebbero state sciolte. A posteriori, oggi risulta chiaro il reale motivo che ha impedito a Conte la costruzione di quella stampella di “responsabili” disposti a sostenerlo. Solo oggi, pertanto, si capiscono certe inopinate contrizioni notturne (Vitali) che inizialmente erano apparse incomprensibili. Quale che sia il percorso che ha condotto alla nascita del governo Draghi, oggi la cosa più importante resta quella di far capire a tutte le forze politiche che è necessario varare al più presto un governo forte e autorevole. Solo in questo modo saremo in grado di accreditarci davanti ai partners europei sfidando con i fatti lo scetticismo dei “paesi frugali”, tuttora riluttanti ad accordare al nostro paese quella montagna di denaro che ha scatenato gli appetiti di molti, troppi ambienti con i quali il nuovo governo sarà costretto a misurarsi. Da questo punto di vista, Mario Draghi è sicuramente consapevole che la luna di miele con la nazione è destinata a durare ben poco. Il paese si trova davanti ad un’occasione storica che metterà a dura prova la capacità di promuovere quel processo di modernizzazione che ha visto inadempienti tutti i governi degli ultimi trent’anni. C’è grande attesa per l’esordio al governo di “Supermario” che sembra essere un gigante piombato per caso in un mondo abitato da nani e pigmei. Sarà utile, tuttavia, ricordare che, per vincere, un grande allenatore ha bisogno di circondarsi di grandi giocatori. Resta, questa, l’incognita più grande. Per questo motivo, si dia al nuovo premier la libertà di scegliersi gli uomini migliori.

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