Il Circolo Ambiente “Ilaria Alpi” interviene sul tema affrontato dal Consiglio Comunale erbese

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Il Consiglio Comunale di Erba ha approvato pochi giorni fa il ‘Documento semplificato sul rischio idrogeologico’. È più che giusto aggiornare il piano di emergenza ma, in materia di rischio idrogeologico, la vera prevenzione passa anzitutto attraverso una diversa gestione del territorio e, quindi, dalla riduzione del consumo di suolo.

È infatti errato, a nostro giudizio, l’approccio al tema del rischio idrogeologico solo in termini ‘emergenziali’. Occorre fare innanzitutto prevenzione, altrimenti il rischio aumenta progressivamente e i danni possono essere sempre più gravi, visto anche che il riscaldamento globale che stiamo subendo porta all’intensificazione di alcuni fenomeni atmosferici, come si è visto nelle ultime settimane in Emilia Romagna, ma che negli anni scorsi hanno interessato anche il territorio della provincia di Como, con gravi frane e alluvioni.

Il tema del rischio idrogeologico è sotto agli occhi di tutti, al di là della fredda classificazione del territorio comunale di Erba, inserito in classe di rischio C, ovvero a ‘bassa criticità di rischio idrogeologico’. In termini generali il territorio erbese è certamente a forte rischio per quanto riguarda sia la possibile franosità delle aree prossime alle pendici della montagna, sia per il rischio alluvionale dell’intera Piana d’Erba e delle zone vicine ai torrenti.

Già solo questi elementi dovrebbero far ripensare totalmente l’approccio rispetto alla gestione del territorio, che passa attraverso la pianificazione urbanistica, ovvero il PGT. Noi abbiamo più volte chiesto alle passate e all’attuale Amministrazione comunale di Erba, una radicale modifica delle scelte urbanistiche, che devono prevedere necessariamente l’azzeramento di nuovo consumo di suolo su aree verdi. Questo, appunto, per evitare anche ulteriori rischi causati dalle nuove costruzioni che, impermeabilizzando il suolo naturale, impediscono il normale deflusso delle acque nel sottosuolo, aumentando il rischio per gli edifici esistenti e quindi per la popolazione. Questo in caso di forti piogge che potrebbero provocare smottamenti o allagamenti. Addirittura servirebbe de-impermeabilizzare le superfici cementificate, ad esempio sostituendo l’asfalto o il cemento delle aree a parcheggio con sistemi che consentano la permeabilità del terreno.

Lo stesso approccio di riduzione del rischio vale per i corsi d’acqua, ovvero in primis il Lambro e i suoi affluenti. Anche in questo caso l’orientamento deve essere quello di evitare nuove opere di contenimento, togliendo nel contempo il cemento dalle sponde artificializzate nei decenni passati. Ovviamente questo deve valere non solo per Erba ma per tutta l’asta fluviale. Ad esempio quando si parla di ‘nuovi  interventi’ o ‘nuove briglie’ sul torrente Bova, si rischia di riproporre le stesse dinamiche sbagliate dei decenni passati. Le briglie in cemento non solo non sono in grado di contenere le forti piene, anzi la lastrificazione del letto e degli argini dei torrenti, velocizzano le acque, con conseguente aumento del rischio per gli abitanti.

In definitiva la soluzione per contenere il rischio idrogeologico passa quindi nell’evitare nuove edificazioni sul territorio verde e nel ridare spazio ai corsi d’acqua

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