Dopo il declino di Berlusconi, la competizione tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni rende sempre più incerto il tema della leadership all’interno del centro-destra. Le cronache degli ultimi giorni inducono a ritenere che, a parte Fratelli d’Italia, né Lega, né Forza Italia hanno un reale interesse ad andare alle urne. Un altro elemento che depone a favore di questa ipotesi è legato alla riduzione dei parlamentari che costringerà 1/3 degli attuali membri di Camera e Senato a salutare per sempre lo scranno parlamentare. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, nessuno vuole, in realtà, la fine anticipata della legislatura, fatta eccezione, come si è detto, della Meloni la quale avverte, sempre più forte, il profumo di un possibile sorpasso a danno di Salvini. Sul versante opposto, risulta perfino impensabile parlare di elezioni. Nessuna delle forze di cui si compone l’alleanza di governo può vantare ragioni plausibili per un ricorso anticipato alle urne da cui potrebbero sortire esiti perfino catastrofici.

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Una parte della stampa, che sa interpretare le inquietudini dell’establishment, ha visto con favore la spallata di Renzi al governo Conte auspicando fosse il preludio ad un governo di unità nazionale che, per ora, resta solo un’illusione ottica. Infatti, senza i 5 Stelle e Giorgia Meloni, risulta del tutto velleitario un esecutivo composto da Lega, Forza Italia, Pd, Leu e Italia Viva perché solo un matto accetterebbe di guidare questa allegra masnada che, secondo una lettura leggendaria della crisi in corso, avrebbe individuato in Mario Draghi il prestigioso successore di Conte.

In realtà, Draghi è un gigante che sembra appartenere ad una sorta di empireo che risulta inattingibile per i nani della nostra politica: possiamo mai immaginare che “SuperMario” si faccia irretire dagli oscuri conciliaboli con il Cavaliere e i due Matteo? Si tratta, pertanto, di una ipotesi suggestiva ma del tutto impraticabile in un paese come il nostro che non ha esitato a stritolare Mario Monti dopo averlo invocato come provvidenziale salvatore.

Pertanto, piaccia o no, ci avviamo mestamente al terzo governo Conte che, stando ai sondaggi, gran parte del paese sembra ritenere il male minore, una sorta di pannicello caldo che le contingenze hanno finito per rendere ineluttabile.

Si spera che la crisi di governo sia servita a Giuseppe Conte per capire che occorre innervare il governo di maggiori competenze perché molti, troppi dicasteri dei due governi precedenti sono stati presidiati da soggetti palesemente inadeguati. Serve, pertanto, un rinnovamento significativo della squadra di governo in grado di conferire al prossimo esecutivo quel cambio di passo che il paese legittimamente si attende. La pandemia ha messo in ginocchio non solo la nostra economia ma anche lo stato d’animo del cittadino che appare sempre più sfiduciato e smarrito.

La politica non può ignorare ciò che sta avvenendo sotto gli occhi di tutti i cittadini, in ogni angolo del paese. Secondo una ricerca, tra aprile e ottobre 2020, ben 43.688 aziende hanno cambiato proprietà. Si tratta di un dato su cui il governo è chiamato a riflettere perché molte di quelle aziende sono finite nelle mani della criminalità organizzata, come si evince dall’aumento del numero di società offshore operanti in Italia.

L’emergenza sanitaria rischia di infliggere il colpo di grazia ad un sistema produttivo che, a parte qualche eccezione, non è mai stato in grado di tirarsi completamente fuori dagli strascichi della crisi del 2008 che ha condannato il nostro paese ad una recessione di cui l’attuale deflazione rappresenta il punto più alto.

Stiamo attraversando il periodo più delicato della nostra storia repubblicana e sarebbe opportuno che la politica ne avesse piena contezza. L’operazione Stellantis (cioè, la fusione tra Fiat e Peugeot) insegna che perfino la famiglia Agnelli, simbolo del capitalismo italiano, ha smesso di credere nel futuro del nostro paese che non appare più in grado di difendere le proprie aziende dall’assalto straniero.

Questa è solo una delle innumerevoli ragioni che impongono il varo di un governo con un profilo nuovo e diverso, in grado di rassicurare il cittadino con la credibilità e l’autorevolezza di una compagine composta di figure di assoluta eccellenza prese in prestito, se occorre, anche dalle file di un’opposizione con la quale il prossimo governo farebbe bene ad interloquire confrontandosi senza pregiudizi e rancori.

Secondo un vecchio adagio, la notte più buia è quella che precede il sorgere del sole: speriamo sia davvero così.

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