E’ sbarcata a Genova l’ultima delle navi Costa ancora in viaggio. Era partita per il giro del mondo a gennaio, quando il virus maledetto non era praticamente ancora diffuso. Oltre 100 giorni di viaggio su una nave dove il coronavirus non è mai arrivato. Equipaggio e passeggeri ovviamente in ansia per tutto il viaggio tra porti e paesi in cui non sono riusciti a sbarcare e luoghi favolosi visti dal balcone, ma sani. Sani e a bordo di una nave di lusso con servizi, ristoranti, piscine… un’isola felice in un mondo invaso dal virus.
L’ansia c’è stata perché in una situazione così chiusa e protetta (e si è visto su altre navi da crociera e nelle carceri e nelle case di riposo…), basta un solo caso per trasformare l’isola felice in isola del terrore.
La cosa, non so perché, mi ha comunque ricordato la vicenda di Hiroo Onoda, quel soldato giapponese che è rimasto su un’isola per oltre trent’anni durante la seconda guerra mondiale convinto che la guerra fosse in corso e lui non ne sapeva nulla. O dei soldati italiani del film di Salvadores ‘Mediterraneo’ che restano felici su un’isola della Grecia per anni senza sapere nulla dei rovesciamenti di fronte della guerra.
L’associazione alla guerra è abbastanza semplice visto che nei vari media quella contro il coronavirus viene spesso definita così.
O ancora pensare, e questo non lo so, che ci siano tre o quattro astronauti nello spazio partiti primi del covid e che da lassù ci guardano come fossimo un pianeta di zombi e con la paura di dover lasciare le braccia forti di mamma spazio.
Per una volta però quest’isola felice galleggiante a spasso per il mondo è tornata senza grossi problemi, senza infetti a bordo e anche con qualche passeggero che aveva timore nel lasciare una nave sicura per rientrare con i piedi per terra in quel mondo che aveva appena guardato da un oblò.