In una recente intervista televisiva Mario Monti ha affermato che la pandemia ha disegnato lo scenario ideale per ogni governo. Infatti, la Bce continuerà a iniettare liquidità, i vincoli sugli aiuti di Stato sono pressoché congelati, il Recovery fund metterà a disposizione dei governi un profluvio inimmaginabile di denaro. Ecco, pertanto, le ragioni dell’improvvisa fibrillazione del nostro sistema politico che, dopo la decisione di Renzi di uscire dal governo, ha improvvisamente risvegliato l’opposizione vellicandone gli appetiti. Ora più che mai, la partita è nelle mani del premier al quale alcuni alleati vorrebbero stolidamente suggerire un recupero dei renziani senza scendere a patti con Renzi. Si tratterebbe di un’operazione suicida che non avrebbe senso tanto quanto la condotta malaccorta del leader di Italia viva il quale, dopo le bordate in parlamento, sembra avviarsi ad una saggia resipiscenza sotto la pressione dei suoi sodali più fedeli. Giuseppe Conte dovrebbe prendere atto che la sfida personale di Renzi ha comunque indebolito il governo che, in questa fase, ha urgente bisogno di non scaricare, nel pieno della campagna vaccinale, le conseguenze di una crisi politica che rischia di trascinarsi per mesi. In quest’ottica, risulta inevitabile l’obbligo di ripristinare con Matteo Renzi un minimo di rapporto dialettico dato che non è pensabile il tentativo di ridare nerbo al governo stipulando immondi pateracchi o pescando tra quelle falangi di lanzichenecchi che, in altri tempi, abitavano in campo avverso (chi di Scilipoti ferisce, di Scilipoti perisce..). Il premier, pertanto, dimostri, con realismo, la giusta sagacia e il dovuto pragmatismo invitando Renzi ad una tregua imposta dalla comune necessità di non perdere un’occasione storica di cui, come ha detto Mario Monti, ogni esecutivo vorrebbe beneficiare. Conte sente, probabilmente, di essere giunto al capolinea di un’ascesa personale senza precedenti per cui, d’ora in avanti, la sua leadership rischia una flessione di cui già si intravedono i segnali. Se gli riuscirà il capolavoro di restare in piedi fino alle elezioni del presidente della Repubblica, vorrà dire che sarà lui a guidare la coalizione del centro-sinistra alle prossime elezioni il cui esito, grazie al prestigio personale del premier, non sarà più così scontato. Recovery fund e pandemia possono consentire all’attuale esecutivo di arrivare a febbraio 2022 evitando, così, di regalare il Quirinale alla destra. Il timore più pressante della sinistra, nonché di quella parte di establishment che ritiene acquisita la nostra appartenenza all’Ue, è quello di vedere un esponente sovranista alla presidenza della Repubblica o di dover accettare Silvio Berlusconi come il male minore. Rieccolo, ancora una volta: lui, l’ineffabile Cavaliere! Le traiettorie della storia sono, spesso, imprevedibili e, malgrado lo sforzo di razionalizzarle, non sempre risultano riconducibili ad una logica intelligibile. La storia procede, talora, per strappi e finisce per creare sconcerto in chi tende a coltivare una visione deterministica degli eventi. Questa legislatura ne costituisce la patente riprova. Chi avrebbe mai ipotizzato un governo Lega-5 Stelle o un governo Pd-5 Stelle? Chi avrebbe mai immaginato che un carneade di nome Giuseppe Conte si sarebbe imposto sulla scena politica del paese? In quest’ottica, pertanto, non ha nulla di stupefacente vedere Silvio Berlusconi dare la propria disponibilità a sostenere un nuovo governo. Chi si stupisce di questi “strappi” improvvisi della politica italiana non ha ancora capito che il paese è cambiato, che il cittadino non è più quello di una volta, che da lungo tempo, ormai, la dissoluzione dei partiti ha conferito alla nostra democrazia una connotazione populista che, piaccia o no, attraversa tutti gli schieramenti, nessuno escluso. Giuseppe Conte, con il suo eclettismo, è il fedele interprete di questa politica “liquida” capace di legittimare perfino la scelta di riesumare un Cavaliere che tutti ritenevano, ormai, politicamente morto per sempre. Ora, se il premier non riuscirà racimolare quel manipolo di parlamentari in grado di surrogare i renziani, delle due l’una: o si rassegna ad interloquire con il leader di Italia viva o dovrà rassegnarsi a farsi da parte. Spetterà poi al presidente Mattarella riaprire le danze e verificare l’ipotesi di un Conte-ter, che i 5 Stelle ritengono irrinunciabile, o l’alternativa di una sorta di governo di salute pubblica che non potrebbe reggere senza l’appoggio dei grillini o della Meloni, entrambi riluttanti ad accettare una soluzione che, in termini di consenso, gioverà loro più stando all’opposizione che stando al governo. Per queste e altre ragioni, nascerà il governo Conte-ter.

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