C’è grande attesa per l’avvento del primo Governo italiano guidato da una donna. Si tratta di un’attesa che deriva da più fattori, oltre a quello citato.

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Innanzitutto, la preoccupazione per le conseguenze economiche del conflitto russo-ucraino che, dopo aver assestato un duro colpo alle imprese, rischia di mettere in ginocchio anche le famiglie. In quest’ottica, l’opinione pubblica attende con interesse il varo del nuovo esecutivo per capire le misure che saranno adottate in materia di contenimento del costo delle bollette. In questo momento, per gli italiani, la vera emergenza non è più quella del Covid ma è quella economica dato che l’attuale livello di salari e pensioni non consente di fronteggiare adeguatamente gli aumenti legati al costo delle utenze domestiche.

Per il nuovo governo si tratta di un problema che impone la necessità di un ombrello protettivo che, allo stato, solo l’Unione europea è in grado di garantire. Il rapporto del nuovo governo con l’Ue rappresenta un altro tema che desta curiosità alla luce dei trascorsi che hanno visto Giorgia Meloni e Matteo Salvini osteggiare, ab origine, una costruzione comunitaria che, a loro dire, avrebbe calpestato la sovranità nazionale e il diritto all’autodeterminazione degli Stati membri.

La designazione di Tajani o di un altro esponente europeista al ministero degli Esteri non basterà certamente a rassicurare i partner europei che paventano il rischio che il governo italiano possa beneficiare dei denari del Recovery senza, tuttavia, rinunciare a coltivare un rapporto privilegiato con Putin: come dire, prendi i soldi e scappa.

Sarà interessante capire, in concreto, il significato di quella frase, poco felice, pronunciata dalla Meloni (“per l’Europa è finita la pacchia”) che lasciava presagire una correzione di rotta della politica italiana nei rapporti con i partner europei ai quali il leader di Fratelli d’Italia ha prefigurato la ferma intenzione di anteporre gli interessi nazionali a quelli comunitari.

Questi proclami, comprensibili nel clima di una campagna elettorale, risulterebbero esiziali ove fossero seguiti da una condotta ostile verso le grandi opzioni che attendono l’Ue su alcuni temi sui quali, in passato, non c’è mai stato il sostegno dei partiti sovranisti. La guerra tra Russia e Ucraina, l’emergenza climatica, la pandemia e, soprattutto, le politiche sull’immigrazione, rappresentano per il governo italiano dei difficili banchi di prova su cui i nostri partner misureranno la piena affidabilità del nostro paese.

Occorre riconoscere che Giorgia Meloni si accinge a varare il primo governo di destra della storia repubblicana con una serie di incognite che è chiamata a gestire con cautela e sagacia. Attorno alla sua figura, come dicevamo, c’è grande attesa per le tutte le problematiche derivanti da una congiuntura economica complicata e, diciamolo pure, senza precedenti dato che non è mai successo, in passato, di assistere all’esplosione contestuale di una emergenza sanitaria, di una guerra e di una recessione. Nel paese, pertanto, non si avverte nei confronti del prossimo esecutivo quello scetticismo che si respira all’estero.

Paradossalmente, la destra italiana fa più paura fuori dai confini nazionali che in Italia. Si tratta di una paura che nasce dalla sua matrice lepenista, nazionalista e anti-europea che il nostro paese sembra accettare con serenità del tutto incurante delle implicazioni di questa peculiarità. Infatti, fatta eccezione per le élite culturali del paese, l’avvento al potere della destra non sembra inquietare il sonno degli italiani i quali si attendono dalla Meloni una soluzione ai problemi quotidiani più impellenti.

Come si evince anche dal numero di astenuti alle ultime elezioni, la grande maggioranza degli italiani non sembra interessata alle dotte disquisizioni su fascismo e post-fascismo, né alla militanza politica del giovane La Russa, né al presunto ultra-conservatorismo “sanfedista” del presidente della Camera, Fontana.

La missione che attende Giorgia Meloni consiste nel dover soddisfare le aspettative degli italiani i quali, come dimostrano i precedenti di Renzi, di Salvini e dei 5 Stelle, non concedono mai una seconda possibilità. Se non vuole imbattersi in una “missione impossibile”, il premier in pectore dovrebbe già sapere che, finita la ricreazione di una comoda opposizione, è giunto il momento di scegliere: o con l’Europa o con Vox, Orbàn e i suoi compari.

Se vuole restare a lungo al governo, la scelta risulta obbligata. 

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